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"Roi. La Fondazione demolita" e Il Gattopardo, la sua presentazione e la prefazione del libro dossier di Giovanni Coviello: conoscere la cupola per demolirla!

Di Pietro Cotròn Martedi 2 Maggio 2017 alle 21:49 | 0 commenti

Il 26 aprile a Bassano presso la libreria Palazzo Roberti, una delle top 3 per la vendita di "Vicenza. La città sbancata", è stato presentato in anteprima "Roi. La Fondazione demolita", il secondo libro/dossier della nostra collana Vicenza Papers, alla presenza dell'autore Giovanni Coviello, che ha avuto al suo fianco il prof. Italo Francesco Baldo, autore della ricca prefazione sul marchese mecenate Giuseppe Roi, e Giorgio Meletti, giornalista economico de Il Fatto Quotidiano, esperto di banche e degli intrecci intorno a Banca d'Italia. Stasera dopo avervi proposto la registrazione della presentazione, alcune delle domande e risposte al termine dell'evento e il ricordo del mecenate marchese Giuseppe Roi, il cui lascito a Vicenza è stato deturpato fisicamente e moralmente, vi proponiamo in video l'intervento di Coviello e, di seguito, la sua prefazione al suo secondo libro denuncia di una Vicenza che non vuole cambiare ma di cui vuole svelare la "cupola" per poi demolirla insieme a chi a questa terra tiene veramente.

Prefazione

di Giovanni Coviello

 

"Roi. La Fondazione demolita" e Il Gattopardo

 

La Fondazione Roi, voluta dal marchese Giuseppe per finanziare il museo Chiericati e le attività culturali collegate di Vicenza con un patrimonio iniziale che, prima del flop della Banca Popolare di Vicenza, si avvicinava a un centinaio di milioni di euro, si era trasformata in una sorta di bancomat di denaro e favori da quando nel 2009, alla morte del fondatore, ne era diventato presidente il suo "amico" Gianni Zonin. Circondato e riverito dai suoi "fedeli", come Marino Breganze, e dai suoi "ammiratori" silenti, dal mondo di sopra e di sotto di Achille Variati alla parte meno edificante dell'entourage della Curia, Gianni Zonin non solo ha favorito la sua banca, di cui pure era presidente, utilizzando 27 milioni della cassa della Roi per concentrarli in un investimento unico, le fallimentari azioni della BPVi, ma ha alimentato anche il sottobosco vicentino con costose donazioni e incarichi a professori e architetti vari. Ma la "leva di potere" è stata anche usata da un imprenditore, tipicamente molto accorto per le sue aziende, quelle in cui in gioco c'erano i suoi soldi e non quelli dei risparmiatori o del marchese, addirittura per acquistare l'ex Cinema Corso, da tempo abbandonato, e impostare una speculazione immobiliare, non statutaria e ora fallimentare, con permessi e cambi di destinazione, magari di comodo, per farci delle suite e non di certo attività culturale. Quel cinema era ed è vicino a Palazzo Repeta, prima di proprietà di Banca d'Italia e fatto acquistare, per mantenersela amica, per 9.3 milioni di euro dalla BPVi, che oggi non sa a chi e a quanto venderlo. E le mura dell'ex cinema confinano, in perfetta sintonia col progetto immobiliare incrociato, con quelle della ex sede della Camera di Commercio, anch'essa destinata, stavolta per "favori" cittadini, alla Popolare vicentina, che per liberarsene ha dovuto rinunciare alla caparra di 700.000 euro già versata.
Azioni comprate imprudentemente se non illegalmente e in palese conflitto di interessi per il presidente a due facce, quella della BPVi e l'altra della Roi; incarichi mercanteggiati col Comune di Vicenza; favori anche agli amici della Curia, che non a caso ha un suo rappresentante nel Cda che ha avallato le decisioni di Zonin; complicità col Comune di Vicenza che per farci sedere il prof. Giovanni Carlo Federico Villa quando lo ha "chiamato" direttore tecnico del Chiericati, anche se per statuto voluto da Giusepe Roi ci deve stare il "direttore" tout court, che non era e non è Villa.
Ecco aver rivelato e documentato questi ed altri fatti, non storie, in una serie di articoli su VicenzaPiu.com che qui in parte ripubblichiamo, e aver così portato il caso Roi all'evidenza nazionale ci sono costati una denuncia "vigliacca" di Zonin che ci ha chiesto "almeno" un milione di euro di danni non solo per un presunto e ridicolo danno di immagine alla Roi, che lui ha demolito e che noi mettevamo a conoscenza delle magagne di gestione e in guardia contro il loro perpetuarsi, ma addirittura lo ha fatto non personalmente, con i suoi soldi come per le fiorenti cantine, ma come presidente della Fondazione da cui poi è stato estromesso e, quindi, a carico del suo già disastrato bilancio ripetendo lo schema bancario.
È da ottobre che avevamo pronto questo volume di (sintesi di) denunce e ad ottobre ci era arrivata l'introduzione di Italo Francesco Baldo che ci racconta chi fosse il marchese Giuseppe Roi e ci fa capire come la sua figura non meritasse quello che è stato fatto contro la sua memoria e le sue volontà.
Eravamo pronti a stampare questo libro ad ottobre quando la BPVi aveva individuato la terna di suo competenza statutaria nel Cda che avrebbe dovuto cancellare la memoria di quanto malfatto dal trio precedentemente formato da Gianni Zonin, che si era autonominato insieme ai fidi Marino Breganze e Annalisa Lombardo e che poi si era auto esteso il mandato da 3 a 5 anni allargando anche il numero di consiglieri cooptabili, tanto per avere più amici a fianco da... coinvolgere.
Ma ad ottobre quella terna, o almeno una parte delle designazioni ufficiali di Gianni Mion, nuovo presidente della Popolare, Salvatore Bragantini, neo vice presidente vicario, e Francesco Iorio, amministratore delegato di passaggio, trovò fiere opposizioni. Dal Fondo Atlante proprietario della Banca Popolare di Vicenza? Ma no, ovviamente. Il niet arrivò da tutto il mondo di mezzo locale i cui gradimenti sono stati poi "svelati" solo il 12 dicembre 2016 con la comunicazione ufficiale dei nomi, alcuni di evidente compromesso, da parte di un Gianni Mion chiaramente e pubblicamente infastidito dall'assenza in conferenza stampa a Palazzo Thiene di Achille Variati, che, in queste situazioni, è un maestro nel lanciare la pietra e nascondere la mano. E infatti l'uomo con più potere a Vicenza e dintorni era assente nella sala della conferenza ma contemporaneamente era vivo e vegeto in quella attigua in cui, a presentazione di Ilvo Diamanti, Giovanna Grossato & c. ha assistito a fianco di notabili e gentiluomini come Paolo Scaroni alla celebrazione dei 150 anni della banca...
"Roi, La Fondazione demolita", il secondo della collana Vicenza Paper, dopo "Vicenza. La città sbancata", era pronto a ottobre ma abbiamo aspettato dicembre sperando di poter aggiungere i nomi "nuovi" e voltare pagina con speranza.
Ma siamo rimasti sorpresi da quello che poi è successo e sta succedendo intorno alla Roi, governata ora da un Cda, che per quattro settimi è quello precedente e per gli altri tre settimi è un preoccupante compromesso, e ci siamo concessi una proroga nella "chiusura" del libro per raccontare questo imbarazzante esordio della nuova gestione.
Ma ora abbiamo messo un "punto" nel racconto perché la storia non solo si ripete ma non si conclude ancora per cui la affidiamo così come è a voi lettori e, soprattutto, ai cittadini di Vicenza perché la conoscano e facciano quanto è in loro potere per far rispettare le volontà di chi, il marchese Roi, amava la cultura tout court e non coltivava la cultura degli interessi.
Il libro testimonianza inizia, quindi, col prof. Giovanni Carlo Federico Villa, nominato direttore "tecnico" nel Cda dopo strane situazioni con l'Università di Bergamo, e termina, per ora, con lui stesso e con le domande fatte a lui e alla sua università perché, se Achille Variati e Jacopo Bulgarini d'Elci con tutta la Giunta ossequiente lo hanno trasformato in direttore "onorario" per lasciarlo nel Cda in cui il marchese voleva solo il "direttore" tout court dei musei civici", è lui il perfetto e... accademico testimonial di questa città, di cui la gestione della Fondazione Roi è lo specchio.
Qui i successori vicentini del siciliano Tancredi, nipote del principe di Salina, ripetono in coro «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».
In peggio, come dimostrano la storia, prima, e la cronaca, ora, di una città azzerata da decenni di mala politica e di malaffare. Nel silenzio globale.


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