Liquidazione coatta amministrativa BPVi e Veneto Banca, la proposta: lo Stato destini 800 mln del "regalo" di 3.5 mld a Intesa ad aumento di capitale da trasferire alla LCA per i soci da ristorare
Lunedi 3 Luglio 2017 alle 13:32 | 0 commenti
Alcune osservazioni vanno fatte sul Dl. 99 dello scorso 25 giugno e una proposta ne nasce di conseguenza. I) Banca Intesa Sanpaolo ha rilevato (le parti buone di) Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca al costo di un euro poiché gli attivi che ha acquisito - pari a circa 44 miliardi di Euro - equivalgono ai passivi dei quali si è gravata, pari a 48 miliardi di euro. In effetti, tra le due poste vi è uno sbilancio di circa 4 miliardi di euro, a fronte del quale vi sono, peraltro, gli NPL conferiti a un veicolo esterno, la SGA, (Società Gestione Attività ) ma di fatto collegato. Se il netto incassato dalla relativa cessione sarà inferiore al suddetto importo di 4 miliardi di euro, della differenza si farà carico lo Stato, che ha rilasciato apposita garanzia.
II) Da un punto di vista tecnico, lo scorso 26 giugno Banca Intesa ha prestato alle due banche in Liquidazione Coatta amministrativa (LCA) l'importo di circa quattro miliardi di euro che, poi, si è ripresa il giorno stesso per pareggiare lo sbilancio della cessione. Poiché tale credito è prededucibile, i ricavi della vendita degli NPL sono destinati in via prioritaria a ripagare il detto debito.
III) Pertanto, l'unico attivo della Liquidazione Coatta Amministrativa (LCA) sarà rappresentato dall'eventuale eccedenza di quanto incassato dagli NPL rispetto ai quattro miliardi già impegnati. Importo sulla cui consistenza è ben difficile formulare ipotesi men che pessimistiche.
III) I creditori insinuati al passivo della LCA, com'è ovvio, eccepiranno la violazione del principio della par condicio creditorum poiché sfavoriti in maniera evidente rispetto, ad esempio, ai titolari di obbligazioni bancarie, rimborsate al 100% da Banca Intesa con gli attivi delle due banche. Al contempo, i Commissari della LCA dovranno revocare i pagamenti effettuati lo scorso 19 aprile agli aderenti alla OPT [Offerta pubblica di transazione] per ripartire le risorse così recuperate tra tutti i creditori insinuati al passivo. Con ogni ben immaginabile conseguenza.
IV) In breve, il Governo può anche insistere nel calpestare ogni principio di diritto e confidare sull'accondiscendenza della magistratura alle proprie manifeste illiceità (così dimostrando di nulla avere imparato dalla recente bocciatura del decreto di trasformazione delle banche popolari in S.p.a.). Ma, in tal caso, ci aspetta un futuro d'incertezza - di cui soffrirà anche Banca Intesa - con i Tribunali di tutt'Italia impegnati su complesse questioni giuridiche e costi legali fuori controllo. Con evidente danno per l'economia nazionale. Situazione, tra l'altro, che dovrebbe risultare sgradita a chi ci governa - specie con le elezioni alle porte.
V) In tale contesto, si inserisce la presente proposta.
Il Dl prevede il regalo - che alcuni potrebbero considerare ingiurioso - a Banca Intesa di un importo fino a 3,5 miliardi di euro, per garantirle la neutralità dell'operazione sui ratio patrimoniali ed evitarle l'esigenza di un aumento di capitale.
In breve, con l'acquisizione delle due banche venete Banca Intesa aumenta il proprio livello di rischio che deve compensare con un corrispondente incremento del proprio capitale netto. L'amministratore delegato Carlo Messina non intende però gravare i propri azionisti di tale aumento di capitale e, di conseguenza, lo Stato italiano ha reso disponibili tre miliardi e mezzo di euro per sopperire a tale carenza. Peraltro, Banca Intesa non vuole un ulteriore socio forte nel proprio capitale (alle attuali quotazioni, la sottoscrizione di un aumento di capitale per l'importo di 3,5 miliardi di euro da parte dello Stato lo renderebbe il primo socio, prospettiva com'è ovvio non gradita agli attuali azionisti).
VI) La soluzione da noi proposta è che almeno una quota parte dei tre miliardi e cinquecento milioni di euro stanziati dal Governo siano utilizzati in aumento di capitale di Banca Intesa e che le azioni così sottoscritte siano trasferite alla LCA per soddisfare i creditori insinuati allo stato passivo.
VII) Nessun costo aggiuntivo ci sarebbe per lo Stato rispetto a quanto già stanziato nel Dl, nessun azionista pubblico invadente entrerebbe in Banca Intesa, maggiore certezza si instaurerebbe nei rapporti giuridici con il venir meno sia dei motivi di incostituzionalità del decreto sia del rischio di revocatoria per gli oltre centomila aderenti all'OPT.
VIII) Erra chi pensa che eventuali modifiche al contratto di cessione in favore dei risparmiatori ne comportino l'automatica risoluzione. Tale, infatti, è solo un'opzione che Banca Intesa si è riservata di poter esercitare. Visto che, nell'ultima settimana, la sua capitalizzazione è aumentata di oltre 2,5 miliardi di euro, è difficile possa rinunciare agli indubbi benefici della cessione per qualche vantaggio in meno.
IX) La validità della proposta si basa anche sulla stima del complessivo importo dei risarcimenti spettanti agli azionisti, che, a seguito dell'OPT, è molto inferiore a quanto comunemente si pensi. Infatti, tra il 2007 e il 2015 le compravendite di azioni Veneto Banca con privati ammontarono a circa 2,4 miliardi di euro e quelle di BPVi a circa 2 miliardi di Euro. Con l'adesione di circa il 70% di azioni alle due OPT, le potenziali controversie riguardano un controvalore di 720 milioni di euro in azioni Veneto Banca e di 600 milioni di euro in azioni BPVi. Peraltro, molte delle operazioni di compravendita effettuate nel detto arco temporale non danno diritto a risarcimento. Infatti, tra il 2007 e il 2010 le informazioni rese dalle due banche erano sostanzialmente veritiere, e poiché la domanda di azioni eccedeva l'offerta, non vi era necessità di adottare tecniche di vendita truffaldine o alterare i profili Mifid degli acquirenti. Inoltre, alcuni dei trasferimenti azionari non danno diritto a risarcimento, ad esempio le donazioni in famiglia (tra coniugi o genitori e figli) anche se registrate come compravendite. Pertanto, l'importo dei danni davvero risarcibili va stimato in circa 800 milioni di euro, cui va aggiunto l'ulteriore importo di circa 200 milioni di euro per le doglianze di: (i) persone fisiche che lamentano mancate vendite; (ii) persone giuridiche tenute ad acquistare azioni per ottenere fidi. Per un totale complessivo di circa un miliardo di Euro. Qualora le due banche in LCA offrissero l'80% del detto importo (la medesima percentuale riconosciuta ai sottoscrittori di obbligazioni subordinate), con 800 milioni di euro (importo pari a circa un sesto di quanto lo Stato si è impegnato a versare come dote a Banca Intesa), il contenzioso attuale e potenziale verrebbe azzerato.
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