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"Roi. La Fondazione demolita": alla presentazione politici, personaggi della società civile e i vicentini che cominciano a non girare le spalle dall'altra parte. A loro va la nostra dedica

Di Edoardo Pepe Mercoledi 10 Maggio 2017 alle 23:27 | 0 commenti

Pubblicato il 1° maggio alle 23.27, aggiornato l'11 alle 9.55. Mercoledì sera 10 maggio alla presentazione presso la Sala Lampertico del cinema Odeon di Vicenza di "Roi. La Fondazione demolita" organizzata direttamente da Media Choice, editrice del network multimediatico VicenzaPiù e della sua collana Vicenza Papers, di cui fa parte il libro dossier sulla cupola che sovrasta la città e che è plasticamente rappresentata dal caso Roi, c'erano in tanti se rapportati a una città anestetizzata da decenni e tutti non più disposti a girare le spalle dall'altra parte. Sono quelli a cui Giovanni Coviello, nostro direttore e autore del libro, ha dedicato, oltre che a se stesso, la nuova denuncia del sistema, a cui pure Jacopo Bulgarini d'Elci ha fatto riferimento anche se poi subito zittito proprio da tutto il sistema politico, associativo e mediatico.

Oltre ai tanti messaggi di saluto arrivati (da Enrico Cappelletti, Sergio Berlato, Otello dalla Rosa, Maria Cristina Caretta...) erano molti i cittadini presenti di persona a rappresentare la parte migliore della città, quella che non si vuole piegare al sistema, che plasticamente è rappresentato dalla mala gestio della Fondazione dell'era di Gianni Zonin a favore di tanti, da "comprare", tra cui solo in minima parte il destinatario unico statutario delle sue attività, il Museo civico di Palazzo Chiericati.

Tra i politici attivi abbiamo intravisto in sala (mentre il nostro direttore e autore del libro dossier li salutava insieme a Italo Francesco Baldo, il conduttore della serata di cui riferiremo domani anche con un video) anche Luca Fantò, segretario regionale del Psi, e Giovanni Rolando, ancora intensamente attivo nel Pd e già consigliere regionale oltre che ex capogruppo Lista Civica Variati Sindaco nel 2008, mentre Patrizo Miatello, presidente di Ezzelino III da Onara, rappresentava una delle più attive associazioni di soci traditi dalla BPVi sempre di Gianni Zonin.

C'erano anche io giudice Dario Crestani, l'esponente dei movimenti cittadini Giancarlo Albera e, tra i personaggi che alla politica stanno ancora dando o che hanno dato c'erano, oltre al giovane Leonardo De Marzo del movimento di Parisi, l'ex parlamentare Francesco Giuliari, Luciano Parolin, Giuseppe Mattiello, Adriano Verlato, Ubaldo Alifuoco, Franca Equizi, ancora altri, di cui ci scusiamo se ne stiamo dimenticando, il nome e Liliana Zaltron, la capogruppo del Movimento 5 Stelle di Vicenza che fin dall'inizio della vicenda sta lottando per fare chiarezza con pochi altri consiglieri, tra cui Francesco Rucco, ma con una continuità e una determinazione ad oggi ineguagliate come si vede anche nel video del suo intervento del 5 maggio (la data riportata erroneamente nella registrazione è quella del 28 aprile, ndr) quando ha organizzato e ospitato la prima presentazione in città di "Roi. La Fondazione demolita".

Per lei, per chi come lei, tra i presenti fisicamente stasera, tra chi ha invaito saluti e tra chi, molti di più, vogliamo coinvolgere per ritrovare il coraggio smarrito pubblichiamo anche al dedica del nostro libro.

Le ragioni di una dedica

di Giovanni Coviello

 

“Roi. La Fondazione demolita” lo dedico a chi non si gira dall’altra parte e, soprattutto, ai giovani e ai meno giovani che, sfruttando l’accessibilità del web, vogliono fare o tornare a fare giornalismo per “libertà e disobbedienza” come si legge sulla vignetta che Oriana Fallaci aveva disegnato come suo autoritratto, lei “di spalle, davanti a una gigantesca tastiera”, ricorda Alessandro Cannavò.

Libertà di espressione e disobbedienza verso i poteri che permeano la stampa di regime, di tutti i regimi, soprattutto di quelli contemporanei che si definiscono democratici solo perché capaci di condizionare le masse senza i bastoni ma con i fake,  richiedono rigore nella ricerca e nella documentazione ma anche una buona dose di coraggio, dicono, determinazione, sostengo io...

“Con una certa serenità e rassegnazione non escludo che finirò dietro le sbarre. Non si tratta di esorcizzare l’idea, è solo che il nostro quotidiano web nasce con un atto di fede: siamo un giornale libero, non abbiamo padroni e lo dimostriamo in tutti i modi, forse anche oltre il dovuto. E una linea così costante e determinata ci ha creato nel tempo un esercito di nemici. E di querele e minacce…”. Le avrei volute scrivere io queste frasi ma le ha scritte Antonio Padellaro, fondatore, ex direttore e opinionista de Il Fatto Quotidiano, nelle pagine che fanno da prefazione al suo libro “Il Fatto Personale”. E che riportiamo nel nostro libro a pagina 141.

Se sapessi scrivere come lui, per rappresentare il nostro modo di intendere la libertà di stampa avrei solo ridotto proporzionalmente alla diffusione dei due mezzi, nazionale il suo, locale il nostro, la quantità dei danni richiestici.

Per Il Fatto Quotidiano in poco più di dieci anni un totale di 141 milioni di euro, per noi dal 2006 ad oggi, per non parlare di querele, diffide e minacce subite, “solo” circa 1,3 milioni di euro, di cui i primi 300.000 già bocciati e il milione chiesto da Gianni Zonin utile a farci tenere la schiena ancora più dritta e a stimolarci a pubblicare “Roi, La Fondazione demolita”.

Non le so scrivere le pagine di Antonio Padellaro, ma le sottoscrivo...

Come sottoscrivo, scusatemi, la dedica a me stesso, che, per raccontarvi i fatti della vecchia Banca Popolare di Vicenza e della Fondazione Roi e distinguerli dai fake che in overdose ci ha propinato la stampa locale, ancora non mi sono legato ad una sedia per raccontarvi la mia vita e magari farvi capire, se riuscireste a sopportare la fatica di leggermi, il percorso che mi ha portato a scrivere “per libertà e disobbedienza”.

In attesa della mia autobiografia, tanto più improbabile quanto più questa città e quest’area non si libereranno prima di chi le ha impestate, per i giornalisti giovani e meno giovani cito quest’altro passaggio di Antonio Padellaro: “… in questo mestiere farsi odiare comporta certamente rischi ma produce anche ebbrezza. Sentirsi alla pari con il potere, e non sui gradini sottostanti dove stanno tutti gli altri, è la molla della professione”.

 


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