Quotidiano | Categorie: Lavoro, Economia&Aziende

La Lovato Gas di Vicenza chiusa in una notte per produrre in Iran, India e Polonia. Andrea Brunetti della Fiom nazionale incontra i 90 lavoratori che presidiano la fabbrica

Di Edoardo Pepe Venerdi 15 Settembre 2017 alle 18:18 | 0 commenti

Da ieri è in corso uno sciopero ad oltranza con presidio all'ingresso della fabbrica alla Lovato Gas in via di Casale a Vicenza. La novantina di lavoratori che da un giorno all'altro hanno visto svanire il loro posto di lavoro oggi pomeriggio hanno incontrato i vertici sindacali della FIOM vicentina alla presenza di un funzionario nazionale della FIOM. L'azienda fa parte del Landi Renzo Group che ha sede a Reggio Emilia. Il management avrebbe deciso di smantellare la Lovato e di trasferire all'estero le produzioni tra Polonia, India e Iran e questo nonostante l'ottima salute del sito produttivo vicentino. Per seguire da vicino la crisi in atto è arrivato a Vicenza Andrea Brunetti della FIOM nazionale di cui pubblichiamo la video intervista.

Il dirigente nazionale della Fiom contesta le decisioni di chiusura dell'azienda nella sostanza ("siamo disponibili a un confronto con la prorpietà ma la fabbrica deve rimanere a Vicenza nell'ambito di un piano industrale di gruppo da concordare") e nella forma ("non si possono accettare decisioni comunicate solo online e con una conferenze stampa").

Detto che la Fiom rimprovera l'assenza di un disegno complessivo nazionale per l'industria, senza il quale, dice Brunetti, le aziende saranno sempre più libere di prendere decisioni singole e unilaterali, verrà chiesto un incontro anche al MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) e verranno aperti tutti i tavoli interessati, a partire da quello della Prefettura, per affrontare la grave situazione determinasi senza preavviso alcuno e a danno di 90 lavoratori e delle loro famiglie. 

La settimana prossima, quindi, lo hanno annunciato anche, il funzionario FIOM di Vicenza Morgan Prebianca e il segretario generale FIOM Maurizio Ferron, saranno interessati gli enti locali e la prefettura e saranno organizzate iniziative sul territorio come ad esempio delle manifestazioni di piazza.


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Rispondo a Germano Raniero dal mio articolo che, come dice Raniero è monco. Me lo hanno fatto notare in tanti, ma scrivere la storia dei Tamimi bisognerebbe farlo a puntate. Chi come Raniero, cerca giustificazioni nell'asset familiare e nell'ambiente di questa attricetta (già protagonista di un documentario), chi si aggrappa "all'occupazione" (occupazione?) ai lager della Cisgiordania, spesso contrapposti ad alberghi a cinque stelle dove dormono i paraculati delle ONG, chi tollera il terrorismo da ritorsione, sappia che spontaneo o da ritorsione, sempre terrorismo è fa sminuire la figura da pacifista a pacifinto, perché non ci può essere pace costruita su fondamenta di terrorismo. Io sto cercando di evidenziare che la promozione di questa stronzetta viene abilmente sovrapposta all’attività terroristica dei compenti della sua famiglia. Detto questo l'attricette eretta a paladina è contestata anche dai palestinesi, perché non rappresenta un'icona di salvatrice della patria, Ahed è un nuovo simbolo difforme della resistenza palestinese,anche per il suo look occidentale, quasi americanizzato, per la sua fisicità e il suo stile di vita (non porta il velo, tocca i maschi…una vera combattente per la causa palestinese non lo farebbe mai, se io, alla mia età toccassi le palle ai militari israeliani finirei in galera e butterebbero via le chiavi...per via dell’età)… Questi atteggiamenti non rappresentano lo stereotipo della bambina palestinese, quanto una figura mediatica di successo (trovo strano che la maggioranza dei giornalisti non si sia posto questo problema), creata ad arte, per arricchire la famiglia che è stata anche foraggiata da Erdogan con regalie varie….e adesso ditelo a Erdogan...tanto non mi mette in prigione, perché le sue galere sono piene di dissidenti, tra il silenzio di questi pacifisti di basso livello.
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