Quotidiano | Categorie: Economia&Aziende

Avvocato Renato Bertelle: ecco di chi è la colpa del crac BPVi da "ristorare" alle vittime ma al valore medio di acquisto delle loro azioni ma temo che si deciderà sopra il "Mef"

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Lunedi 26 Novembre 2018 alle 19:54 | 0 commenti

Ieri abbiamo titolato "Renato Bertelle, avvocato e presidente dell'Associazione nazionale azionisti BPVi: lo incontriamo per continuare a unire chi vuole "ristorare" sul serio le vittime delle banche" la prima parte dell'intervista al professionista maladense per verificare quelli che  ora sono i molti punti in comune con la sua strategia, da avvocato e da referente dell'associazione, dopo vecchie polemiche  e soprattutto in un'ottica di "unione" tra i vari possibili attori della soluzione dei ristori prospettati prima dalla legge 205 e ora confluiti nell'articolo 38 del capo III della legge di bilancio e che domani saranno al centro dell'incontro al Mef di Villarosa e Bitonci con le associazioni della Cabina di regia (a scanso preventivo di future fake news sono inviati anche don Torta, Arman e Ugone... 

Bertelle nella prima parte dell'intervista ci ha raccontato le sue vecchie lotte contro chi ha causato il dramma, a Vicenza Gianni Zonin & c, fuori Vicenza Banca d'Italia, Consob, KPMG... Oggi presentiamo al seconda parte dell'incontro, frizzante, con Renato Bertelle che ha approfondito i vari argomenti, tra cui le responsabilità del crac vicentino e le costituzioni di parte civile, ed ha affrontato il tema ristori prendendo una posizione netta: "per equità e in base a sentenze già emesse non si può pensare a ristori in base alle quotazioni massime per chi non ha pagato le azioni a quei prezzi truffaldini, ma è il valore medio di acquisto quello giusto ed equo da ristorare".

Alla fine dell'intervista Bertelle ha mostrato sfiducia nei poteri decisionali del Mef e io ho dovuto tornare a "contrastarlo" perché ci voglio credere a una soluzione positiva, per cui gli ho ridato appuntamento in studio dopo la riunione di domani, 27 novembre, a Roma.


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Rispondo a Germano Raniero dal mio articolo che, come dice Raniero è monco. Me lo hanno fatto notare in tanti, ma scrivere la storia dei Tamimi bisognerebbe farlo a puntate. Chi come Raniero, cerca giustificazioni nell'asset familiare e nell'ambiente di questa attricetta (già protagonista di un documentario), chi si aggrappa "all'occupazione" (occupazione?) ai lager della Cisgiordania, spesso contrapposti ad alberghi a cinque stelle dove dormono i paraculati delle ONG, chi tollera il terrorismo da ritorsione, sappia che spontaneo o da ritorsione, sempre terrorismo è fa sminuire la figura da pacifista a pacifinto, perché non ci può essere pace costruita su fondamenta di terrorismo. Io sto cercando di evidenziare che la promozione di questa stronzetta viene abilmente sovrapposta all’attività terroristica dei compenti della sua famiglia. Detto questo l'attricette eretta a paladina è contestata anche dai palestinesi, perché non rappresenta un'icona di salvatrice della patria, Ahed è un nuovo simbolo difforme della resistenza palestinese,anche per il suo look occidentale, quasi americanizzato, per la sua fisicità e il suo stile di vita (non porta il velo, tocca i maschi…una vera combattente per la causa palestinese non lo farebbe mai, se io, alla mia età toccassi le palle ai militari israeliani finirei in galera e butterebbero via le chiavi...per via dell’età)… Questi atteggiamenti non rappresentano lo stereotipo della bambina palestinese, quanto una figura mediatica di successo (trovo strano che la maggioranza dei giornalisti non si sia posto questo problema), creata ad arte, per arricchire la famiglia che è stata anche foraggiata da Erdogan con regalie varie….e adesso ditelo a Erdogan...tanto non mi mette in prigione, perché le sue galere sono piene di dissidenti, tra il silenzio di questi pacifisti di basso livello.
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